Trenta anni fa.
Ero in servizio civile presso un reparto psichiatrico del vicentino.
Ogni mattina il PRIMARIO,
con adeguato codazzo di medici e tirocinanti,
gladiatorei infermieri dal collo taurino,
e giovanissime infermiere molto inesperte ma altrettanto carine,
sbucava in fondo al corridoio (dalla porta antisfondamento chiusa a chiave: al di là, la libertà!)
ed iniziava la visita ai pazienti, dispensando sapienza e terapie.
Un giorno un altro Mario, mio coetaneo e matto come un cavallo,
opportunamente sistemato all'estremità opposta del corridoio,
lo guardava arrivare, stanza dopo stanza, lentamente...
Borbottava fra se parole solo sue, come faceva spesso, ma teneva d'occhio la preda...
quando fu a metà corridoio, circondato dai suoi discepoli,
Mario si alzò dalla sedia, protendendo il braccio col dito puntato,
cominciò a tremare come se non gli uscisse la voce,
poi sparò scandendo le parole, con voce da tribuno con solo un filo di falsetto:
"non volevo dire... come ho detto...
che lei... signor primario...
è una grandissimatestadicazzo!!!!"
che lei... signor primario...
è una grandissimatestadicazzo!!!!"
Pago del suo gesto ed esausto, senza aspettare repliche,
rientrò in camera sua ed attese sdraiato nel letto l'iniezione letale,
la cicuta, il gas nervino, la degna punizione, insomma,
del suo eroico gesto,
e ghignava.
Ai miei occhi quel suo attimo da leone riscattò i precedenti 100 giorni da pecora,
passati a mendicare concessioni, e caffè, e giornali del Milan, e a fingersi interessato
alle patetiche battute del luminare della psichiatria...
Pensai alla genialità di quella iniziale negazione (non volevo dire...) che gli permise di dire quello che non aveva mai detto, attenuato nella forma ma amplificato nell'impatto comunicativo.
Contorcendo la frase in modo da annunciare a tutti il suo disturbo mentale, ma senza "fare il matto": tutti capimmo che non c'era confusione nel suo dire, tutti capimmo (mi sembrò) cosa voleva dire (anche il primario?),,,
qualcuno pensò (almeno io) che avesse le sue buone ragioni per dirlo...
Un lampo di verità in lunghe giornate di sedazione e di noia
Bellissima descrizione di un gesto che oserei definire dadaista.
RispondiEliminaGrazie